Con l’evoluzione della tecnologia e dei social network anche il fenomeno del bullismo, un tempo confinato ai cortili e agli ambienti scolastici ha da tempo traslocato in rete. Se si considera che già nel 2008 il 92% dei ragazzini di età compresa tra i 12 e i 17 anni possedeva un profilo sui social e aveva disponibilità di uno smartphone si comprende come, in realtà, per i teen-agers vi sia ben poca differenza tra vita reale e vita online.
La verità è che il “cyberbullismo” è un fenomeno potenzialmente più pericoloso del bullismo tradizionale, dal momento in cui gli autori delle minacce o delle molestie sfruttano spesso l’anonimato offerto dalla rete, rendendo assai più difficile per la vittima difendersi una volta che viene presa di mira. Inoltre, a differenza del bullismo tradizionale, il cyberbullismo non conosce limiti spazio-temporali dal momento in cui la vittima può essere sistematicamente bersagliata ogniqualvolta si connette ad internet. In quest’ottica, nemmeno le mura domestiche offrono protezione adeguata.
L’art. 1 della legge n. 71/2017 definisce il cyberbullismo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”
L’art. 2 della legge in questione descrive quali sono gli strumenti a tutela della dignità del minore. È previsto, infatti, che gli stessi minori ultraquattordicenni che abbiano subito uno o più dei comportamenti sopra descritti o anche i genitori, possano inviare direttamente al gestore del sito o del social una richiesta di oscuramento, ovvero di blocco o, comunque, di rimozione di qualsiasi dato personale relativo al minore.
Sempre l’art. 2 della legge 71/2017 prevede poi che, nell’ipotesi in cui il responsabile del sito non si attivi entro le ventiquattro ore dalla ricezione della richiesta o, comunque, nel caso in cui non sia possibile identificare il gestore del sito o del social, l’interessato potrà rivolgersi direttamente al Garante della Privacy.
Il Garante interviene nelle quarantotto ore successive alla segnalazione ordinando al gestore del sito o del social il blocco e la rimozione dei dati personali del minore trattati in violazione delle disposizioni della legge di prevenzione e contrasto del cyberbullismo.
È importante sottolineare che non è necessario che i dati e le informazioni personali pubblicati online integrino un trattamento illecito di dati ovvero un’altra tipologia di reato specifica, dal momento in cui la tutela offerta dalla nuova legge si pone su un piano indipendente e, per certi versi, parallelo rispetto a quello penale.
Gli strumenti offerti dalla Legge contro il cyberbullismo offrono, quindi, una tutela assai più rapida e snella rispetto al tradizionale rimedio della denuncia-querela, essendo quest’ultima circoscritta unicamente ai fatti e alle condotte integranti reato e irrimediabilmente vincolata ai tempi non certo rapidi delle indagini penali.