In questo interessante caso un uomo era stato condannato in primo grado alla pena di mesi sei di reclusione e alla confisca degli immobili in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 12 comma 5 bis. D.lgs n. 286/98 aver affittato a degli stranieri senza permesso di soggiorno due appartamenti di sua proprietà posti all’interno di uno stabile milanese. In particolare, ben sapendo di non poter affittare direttamente a degli inquilini privi di documenti di soggiorno, il soggetto aveva intestato i contratti ad altre persone, regolarmente soggiornanti in Italia, ed aveva indicato nei rispettivi contratti un canone d’affitto di Euro 850, importo inferiore rispetto a quello di Euro 1.500 effettivamente percepito dagli inquilini stranieri in questione. Detti contratti, poi, non erano stati registrati all’Agenzia delle Entrate.
In appello l’uomo veniva assolto in quanto, secondo la Corte d’Appello, non era stata raggiunta la prova del dolo specifico del reato, ossia la volontà di trarre profitto dalla condizione di clandestinità degli inquilini. In particolare, la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto non esorbitante il canone di affitto richiesto dall’uomo, in quanto comprensivo anche delle spese condominiali. Allo stesso modo, nell’ottica della Corte territoriale, la presenza dei contratti scritti costituiva garanzia sufficiente per gli inquilini clandestini che avrebbero potuto agire in giudizio per riequilibrare le condizioni contrattuali. La decisione assolutoria veniva però impugnata dalla Procura Generale milanese.
Con la sentenza n. 32391/17 depositata lo scorso luglio, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello rilevando come non sia affatto necessario, per la configurabilità del reato di cui all’art. 12 comma 5 bis D.lgs 286/98, che l’ingiusto profitto tratto dall’agente dalla condizione di clandestinità degli inquilini si traduca necessariamente in un canone di affitto superiore rispetto alla media di mercato, essendo sufficiente che l’illegalità delle condizione della persona straniera abbia reso possibile o anche soltanto agevolato la conclusione del contratto a condizioni oggettivamente più vantaggiose per la parte più forte ( si pensi anche solo all’evasione delle tasse resa possibile dalla mancata registrazione del contratto di locazione). La Cassazione ha, inoltre, ricordato che la presenza dei contratti scritti, peraltro intestati a soggetti di comodo, di per sé non tutelava in alcun modo gli inquilini stranieri in quanto, in assenza di contratto regolarmente registrato, non era possibile ottenere alcuna tutela in sede giudiziaria.
La sentenza in commento si colloca nel solco di una giurisprudenza che fa propria una lettura tutt’altro che restrittiva di una norma che sanziona, oltre che con pene detentive, anche con la confisca degli immobili chiunque a titolo oneroso dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o anche solo del rinnovo del contratto di locazione.