La Corte di Cassazione nega l’estradizione verso la Repubblica Popolare Cinese

Con sentenza n. 21125/23 del 17.05.2023 la Corte di Cassazione, ribaltando la decisione della Corte d’Appello di Ancona, ha negato l’estradizione richiesta dalla Cina nei confronti di una propria cittadina, accusata di essersi appropriata di una cospicua somma di denaro attraverso una piattaforma digitale ove svolgeva attività di raccolta del risparmio e concessione di finanziamenti in assenza di autorizzazione.

In particolare la Corte di Cassazione, citando la giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ( Liu c. Polonia 6.10.2022) ha affermato che, nel caso in cui l’estradizione venga richiesta dalla Repubblica Popolare Cinese, sussiste il rischio  di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, in quanto plurime fonti internazionali affidabili dànno atto di sistematiche violazioni dei diritti umani e del tollerato ricorso a forme di tortura, nonché della sostanziale impossibilità, da parte di istituzioni ed organizzazioni indipendenti, di verificare le effettive condizioni dei soggetti ristretti nei centri di detenzione.

Tale rischio, ha motivato la Corte, non è escluso per effetto delle rassicurazioni, del tutto generiche, fornite dall’Autorità cinese. In motivazione la Cassazione ha altresì fatto cenno alle condizioni del fratello dell’accusata, sottoposto a detenzione illegale in patria nel presumibile intento di indurre la donna a far rientro in Cina.  

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