La Corte di Cassazione torna ad occuparsi di atti abnormi

Il caso trae origine dal decesso avvenuto nel 2016 di un giovanissimo motociclista romano che, mentre percorreva la SS Colombo perdeva improvvisamente il controllo del mezzo e veniva sbalzato contro un albero. Una morte, quella del giovane, che ha suscitato numerosi interrogativi circa la sicurezza e la manutenzione di una strada tristemente nota a livello locale per l’elevato numero di incidenti.
La Procura della Repubblica di Roma, dopo aver inizialmente aperto un fascicolo a carico di ignoti ipotizzando il reato di omicidio colposo, chiese l’archiviazione. Il GIP, dal canto suo, respingeva la richiesta invitando il pubblico ministero “ad individuare i responsabili della manutenzione ordinaria e straordinaria” della strada e ad “esercitare l’azione penale per l’ipotesi di omicidio colposo”.
Contro questa ordinanza ricorreva per Cassazione la Procura di Roma, lamentando l’abnormità dell’atto e l’ingerenza, da parte del GIP, delle prerogative del pubblico ministero in tema di esercizio dell’azione penale.
Con sentenza 18758/22 la Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura evidenziando come il giudice delle indagini preliminari non possa in alcun modo surrogarsi all’organo d’accusa, cui è rimessa ogni valutazione e decisione in ordine al tempo e al modo di svolgimento delle indagini.
La sentenza merita in ogni caso di essere segnalata in quanto contiene una interessante ricognizione dei cd. “atti abnormi” commessi dai GIP. Notoriamente gli “atti abnormi” sono quelli che, pur non presentando vizi di legittimità riconducibili a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., presentano comunque anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema
processuale e con esso radicalmente incompatibili.

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