Con sentenza del 14.09.2023 nell’ambito del caso Ainis e altri c. Italia (ric. 2264/12) la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ravvisato una violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU) da parte dell’Italia a seguito del decesso per overdose di un uomo mentre lo stesso si trovava in custodia delle forze di Polizia.
L’uomo, infatti, che versava in gravi condizioni già al momento dell’arresto, veniva trasportato nella notte in ospedale dove sarebbe deceduto qualche ora dopo. La causa del decesso veniva successivamente individuata nella cronica intossicazione derivante dall’assunzione di cocaina in un orario prossimo a quello della morte.
I prossimi congiunti del deceduto agivano in sede civile contro il Ministero dell’Interno. L’azione civile veniva, però, respinta dai giudici italiani, per i quali non sussisteva alcuna responsabilità da parte degli agenti di Polizia.
Nella sua decisione, invece, la Corte Europea ha osservato che, sebbene non vi fosse la prova del fatto che le Autorità italiane fossero effettivamente consapevoli della gravità delle condizioni in cui versava l’arrestato, esse avevano comunque il dovere di adottare delle precauzioni basilari per minimizzare ogni rischio potenziale alla sua salute. Inoltre la Corte ha rilevato che, a seguito del suo ingresso in Questura, il detenuto non era stato adeguatamente supervisionato dagli agenti, non aveva ricevuto attenzione medica e non era stato sottoposto a perquisizione personale per evitare il rischio che potesse avere della droga con sé.
In conclusione la Corte EDU ha affermato che le Autorità italiane non avevano accordato all’uomo una protezione sufficiente del suo diritto alla vita, con conseguente violazione dell’art. 2 CEDU