Riforma Cartabia e reati divenuti procedibili a querela: la volontà di punizione può essere desunta anche dalla costituzione di parte civile

Con sentenza n. 19971/23 del 11.05.2023 la Corte di Cassazione ha chiarito un dubbio importante che ha tormentato gli operatori del diritto a seguito dell’entrata in vigore della cd. Riforma Cartabia (D.lgs 150/22).

Notoriamente, la riforma ha modificato il regime di procedibilità per numerosi reati contro la persona e contro il patrimonio, che sono divenuti procedibili a querela di parte (esempio tra tutti il reato di lesioni personali stradali ex art. 590 bis c.p. nella forma non aggravata). Trattandosi di disposizione maggiormente favorevole al reo e quindi applicabile anche ai procedimenti in corso, la riforma ha introdotto un regime intertemporale (art. 85 D.lgs 150/22) prevedendo la possibilità, per la persona offesa che avesse avuto conoscenza del procedimento prima dell’entrata in vigore della nuova legge, di presentare querela entro tre mesi dalla data di entrata in vigore. Ciò ha provocato numerosi dubbi interpretativi nei casi in cui la persona offesa aveva omesso di proporre formale querela nel termine indicato.

Orbene con la decisione in commento la Cassazione, richiamando un proprio importante precedente (Cass. Sez V n. 2665/22 del 24.01.2022), ha affermato che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari, giacché può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione quali la costituzione di parte civile o anche la semplice riserva di costituirsi parte civili. Anche tali atti, secondo il ragionamento della Corte, vanno interpretati alla luce del cd. “favor querelae”.   

Omicidio stradale: obbligo di motivazione in caso di applicazione di sanzione accessoria della sospensione della patente in misura superiore alla media edittale

Con sentenza n. 25345/23 del 11.05.2023 la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di Macerata nella parte in cui ha applicato al condannato, in sede di patteggiamento per il reato di cui all’art. 589 bis c.p. (omicidio stradale), la sanzione accessoria della sospensione della patente determinandola in anni 3 e mesi 6, ridotta poi ad anni 2 e mesi 4 per il rito.

In motivazione la Corte ha osservato che è principio consolidato quello per cui il giudice, che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non deve fornire una motivazione sul punto, allorché la misura si attesti non oltre la media edittale.

Qualora, invece, il giudice applichi la sanzione in misura superiore alla media edittale, ha l’onere di fornire una motivazione della durata che tenga conto, tra le altre cose, dell’entità del danno apportato, della gravità della violazione commessa e del pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare.

Reati ambientali: la messa alla prova è subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

Con sentenza n. 5910/23 del 13.02.2023 la Corte di Cassazione ha annullato una decisione con la quale il Tribunale di Messina aveva pronunciato l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, nonché l’ordinanza di ammissione alla MAP, nei confronti di un imputato accusato di avere, nella qualità di titolare di una ditta individuale, depositato in modo incontrollato e senza autorizzazione rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.

In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che l’ordinanza di ammissione alla MAP non conteneva alcuna prescrizione volta all’eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato, in violazione di quanto stabilito dall’art. 168-bis c.p.

Pertanto, nel disporre la restituzione degli atti al Tribunale di Messina, la Corte ha precisato che il giudice di primo grado dovrà verificare se l’imputato abbia prestato le condotte dirette all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato e, in caso contrario, ne prescriverà l’adozione precisandone i termini e le modalità.

Mandato di arresto europeo: illegittima la consegna in caso di omessa traduzione in italiano del MAE

Con sentenza n. 24927/2023 del 7.06.2023 la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Genova con la quale era stata disposta la consegna di un cittadino afgano all’Austria per l’esecuzione di una pena detentiva relativa a pregresse condanne per reati in materia di stupefacenti e lesioni personali.

In particolare, la Corte di Cassazione ha osservato che il MAE era stato compilato esclusivamente in lingua tedesca ed era stato soltanto parzialmente tradotto in italiano. Ciò non ha consentito di verificare le modalità di svolgimento dei giudizi che avevano determinato le condanne e il rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge n. 69/2005 per i procedimenti in “absentia”.

Condotte riparatorie: l’estinzione del reato non si estende ai correi che non abbiano riparato il danno.

Con sentenza 20210/23 del 12.05.2023 la Cassazione ha affermato che la causa di estinzione del reato di cui all’art. 162-ter cod. pen in tema condotte riparatorie ha natura soggettiva. Pertanto, l’estinzione del reato ha effetto solamente nei confronti colui al quale la causa estintiva si riferisce, non estendendosi ai correi.

Una decisione che chiarisce, quindi, l’effetto estintivo delle condotte riparatorie. A differenza della remissione della querela, infatti, i cui effetti estintivi si estendono anche agli altri eventuali correi che non l’abbiano ricusata ex art 155 comma 2 c.p., l’estinzione del reato derivante dalle condotte riparatorie riguarda esclusivamente il soggetto interessato.   

La Corte di Cassazione nega l’estradizione verso la Repubblica Popolare Cinese

Con sentenza n. 21125/23 del 17.05.2023 la Corte di Cassazione, ribaltando la decisione della Corte d’Appello di Ancona, ha negato l’estradizione richiesta dalla Cina nei confronti di una propria cittadina, accusata di essersi appropriata di una cospicua somma di denaro attraverso una piattaforma digitale ove svolgeva attività di raccolta del risparmio e concessione di finanziamenti in assenza di autorizzazione.

In particolare la Corte di Cassazione, citando la giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ( Liu c. Polonia 6.10.2022) ha affermato che, nel caso in cui l’estradizione venga richiesta dalla Repubblica Popolare Cinese, sussiste il rischio  di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, in quanto plurime fonti internazionali affidabili dànno atto di sistematiche violazioni dei diritti umani e del tollerato ricorso a forme di tortura, nonché della sostanziale impossibilità, da parte di istituzioni ed organizzazioni indipendenti, di verificare le effettive condizioni dei soggetti ristretti nei centri di detenzione.

Tale rischio, ha motivato la Corte, non è escluso per effetto delle rassicurazioni, del tutto generiche, fornite dall’Autorità cinese. In motivazione la Cassazione ha altresì fatto cenno alle condizioni del fratello dell’accusata, sottoposto a detenzione illegale in patria nel presumibile intento di indurre la donna a far rientro in Cina.  

La tutela penale dell’assegno di mantenimento prevista dall’art. 570 bis c.p.

Gli anni della pandemia hanno visto un notevole aumento del numero di procedimenti penali apertisi a seguito di denunce per omesso versamento dell’assegno di mantenimento dovuto in favore dei figli o del coniuge.  Il blocco delle attività lavorative, i divieti di spostamento e le innumerevoli limitazioni imposte alle attività commerciali hanno, infatti, avuto delle pesanti ricadute su ricavi e stipendi e ciò si è talora tradotto nell’interruzione dei versamenti degli assegni di mantenimento.   

Numerosi sono attualmente i casi di citazione a giudizio di imputati che vengono chiamati a rispondere del reato previsto dall’art. 570 bis. c.p. che punisce la condotta di chiunque si sottrae al pagamento di “ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio” nonché, in generale, le violazioni degli “obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.   

È importante precisare che questa norma punisce soltanto la condotta di colui “che si sottrae” al pagamento. Ciò sta ad indicare che un’omissione occasionale non è sufficiente a far scattare l’applicazione della sanzione penale. E’, infatti, richiesto un inadempimento serio e perdurante dell’obbligazione alimentare.

Inoltre, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la tutela penale prevista da questa norma si applica anche ai casi di violazione dei provvedimenti economici riguardanti i figli di genitori non sposati (così Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 8222 del 28/01/2022).

Sul piano delle esimenti, va infine ricordato che i giudici, in linea con l’orientamento prevalente in giurisprudenza, sono particolarmente severi nel valutare le giustificazioni fornite da chi si rende inadempiente ad un dovere di rilievo costituzionale quale il pagamento dell’assegno di mantenimento. In particolare, è stato affermato che, per andare esente da pena, l’eventuale incapacità economica dell’obbligato deve essere assoluta, oggettiva, incolpevole e protratta nel tempo e non può consistere nella documentazione di una condizione meramente formale di disoccupazione (così da ultimo Cass. Sez. 6 – , Sentenza n. 49979 del 09/10/2019).   

Coloro che sono tenuti a versare mensilmente un assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge o dei figli in base ad un provvedimento giudiziale dovrebbero, quindi, evitare con cura di rimanere inadempienti per troppo tempo, pena il rischio di subire un procedimento penale per il reato di cui all’art. 570 bis c.p.